“Giappone cosa vedere?”, chiediamo a Google pensando alla prossima vacanza; e ci riempiamo gli occhi di fotografie. Purtroppo ancora nessun motore di ricerca è in grado di riprodurre i profumi, i suoni, i sapori che fanno parte di ogni viaggio e che anzi, ai tempi di Instagram, rappresentano forse il vero confine fra il viaggio vissuto e quello immaginato.
Ecco allora una carrellata veloce del Giappone di tutti e cinque i sensi (più uno), per immaginare non soltanto in Giappone cosa vedere, ma anche cosa gustare, cosa ascoltare, fiutare…
Vista
Sembra l’approccio più facile e scontato, ma non lo è. Una volta arrivati in Giappone cosa vedere, fra il caleidoscopio di tanti colori e armonie contrastanti? Su cosa soffermarsi per svelarne l’anima?
Non si può citare un solo esempio, ma di certo fra le cose che colpiscono l’occhio c’è il contrasto fra minimalismo lineare e colorata esuberanza. Una casa giapponese tradizionale ha linee severe, ambienti disadorni e colori neutri; salvo poi esplodere nell’elaborata bellezza di una composizione ikebana, nella vitalità dei colpi di pennello di un’opera di calligrafia, nei colori audaci di un kimono. E’ come se la quieta concentrazione dell’ambiente si sublimasse in un unico gesto di perfetta bellezza.
Questa attenzione a rendere tutto il più possibile levigato e piacevole è trasversale a ogni cosa e prende le forme più disparate.
Un esempio tanto buffo quanto significativo: nei bagni di alberghi e ostelli la carta igienica del bagno si presenta sempre con il primo foglio delicatamente ripiegato a triangolo e ordinatamente fissato nel porta carta igienica. E’ il modo in cui il personale di servizio indica che l’ambiente è stato passato in rivista in ogni minimo particolare.
Se la perfezione è nei dettagli, i Giapponesi si assicurano di non farsene sfuggire nemmeno uno.
Udito
Rispetto alla nostra Italia “caciarona”, il Giappone può risultare incredibilmente silenzioso: le persone parlano fra di loro a voce bassa, nessuno ascolta musica ad alto volume in metropolitana, il traffico scorre fluido e quieto anche nel centro di Tokyo. Ma le eccezioni ci sono eccome, nei pressi dei vecchi karaoke tradizionali dove si canta appassionatamente tutte le sere, nei festival matsuri roboanti del suono dei tamburi, senza contare che basta passare nei pressi di una sala da pachinko per essere travolti da un vero e proprio muro sonoro..!
Alcuni suoni faranno inevitabilmente parte dei ricordi del vostro viaggio in Giappone. Uno sarà la breve melodia elettronica che nei semafori pedonali accompagna lo scattare del verde ; un altro il gracchiare dei corvi, che perfino in città sono diffusissimi. O ancora, il piccolo gong da suonare con una corda per attrarre l’attenzione di Buddha nei templi; il tintinnio dei furin e il frinire delle cicale d’estate e il rintocco delle campane delle scuole d’inverno.
Esiste un progetto per salvaguardare i suoni più caratteristici del Giappone chiamata 100 Soundscapes of Japan ; alcuni sono stati registrati e si possono ascoltare su Wikipedia. Chiudete gli occhi e partite.
Olfatto
Entriamo nel regno delle impressioni più sottili, ma anche più capaci di risvegliare ricordi nella memoria.
Qual è il profumo del Giappone?
Non è facile definirlo, anche perché per i Giapponesi il miglior odore è l’assenza di odore. Eppure difficilmente dimenticherete il profumo dei vortici di incenso che salgono davanti ai templi, o le nuvole di vapore che segnalano i locali in cui si preparano ramen o yakitori.
Seduti al banco di un locale, gli aromi del tè, del riso che cuoce, del brodo fatto con il miso e il dashi vi solleticheranno l’appetito; l’odore di paglia asciutta dei tatami si legherà al ricordo di una notte passata in ryokan; l’aria umida e odorosa di muschio dei giardini si tingerà di una tenue nota rosata all’epoca della fioritura dei ciliegi.
E se invece vi rimanessero nel naso proprio l’odore di zolfo di un onsen all’aperto, le note pungenti dei frutti del gingko o la ventilazione un po’ claustrofobica di certi negozi multipiano? Consolatevi con una profumata tazza di tè matcha, perfetto souvenir “olfattivo”!
Gusto
Ecco che invece, pensando al Giappone da gustare, non c’è che l’imbarazzo della scelta! La cucina giapponese è ricca e variegata come il suo territorio e in più riflette la sua dualità fra passato e futuro; la rappresentano tanto la ciotola di ramen venduta all’angolo di strada come cent’anni fa che le inverosimili nuvole di zucchero filato dei locali più kawaii.
Il sapore del vostro viaggio in Giappone dipenderà quindi in gran parte dai vostri gusti, perché si spazia dalla freschezza essenziale del sushi (in una varietà di scelta e tagli inedita nei nostri ristoranti) alla fragranza delicata del fritto tempura, dalle consistenze setose del tofu e dei panini al vapore alla croccantezza saporita delle verdure in salamoia, dal confortante sapore “di casa” delle zuppe come ramen e udon al fresco piccante del wasabi, al sorprendente gusto minerale delle umeboshi, le prugne in salamoia.
Vi abituerete al sapore equilibrato del tè verde che vi verrà offerto in quasi tutti i ristoranti e alla comodità delle onigiri, le polpettine di riso dai ripieni più vari che rappresentano il perfetto snack da viaggio.
Fra tutto quello che assaggerete, ci sarà certamente un piatto che vi rimarrà nel cuore… perciò, non c’è altro da aggiungere se non buon appetito: itadakimasu!
Tatto
Sarebbe troppo facile fare un gioco di parole e parlare del “tatto” dei Giapponesi inteso come gentilezza e discrezione, o della dura etichetta locale, che a volte rende l’educazione giapponese una corazza impenetrabile per i gaijin, noi occidentali.
Forse allora ci si può soffermare sulla sensazione pienamente tattile di affondare i denti in una sofficissima “cotton cake”, come quelle che si preparano da Rikuro Ojisan no Mise, a Osaka; o quella del tappeto di muschio dei giardini.
Forse vi ricorderete del Giappone toccando la superficie liscia e dolcemente irregolare di una tazza di ceramica raku o la trama di un furoshiki, i quadrati di tessuto dalle stampe più varie che in Giappone si usano per impacchettare, trasportare, personalizzare gli oggetti più svariati. O magari porterete con voi la sensazione di tornare dalle terme indossando sulla pelle accaldata solo un leggero yukata, il kimono di cotone che in Giappone è quasi sinonimo di estate.
Sesto senso
Forse, in realtà, non parliamo tanto di un “sesto senso” quanto dell’ammutolimento degli altri cinque, o di una sospensione della volontà: qualcosa che si avvicina alla natura indefinibile dello zen.
E’ un concetto filosofico? E’ un tipo di esperienza? Non è facile comprenderlo neppure dopo un lungo studio, e di certo non possiamo pretendere di riassumerlo in poche righe; ma è qualcosa che permea la cultura giapponese nei modi più disparati.
Il tiro con l’arco tradizionale, l’arte della calligrafia, l’ikebana, sono tutti modi per avvicinarsi allo zen.
Chi fosse interessato a saperne di più troverà una lettura interessante in “Lo zen e il tiro con l’arco” di Eugen Herrigel; e chiudiamo proprio con qualche riga:
“Questo stato, in cui non si pensa, non ci si propone, non si persegue, non si desidera né si attende più nulla di definito, che non tende verso nessuna particolare direzione ma che per la sua forza indivisa sa di essere capace del possibile come dell’impossibile — questo stato interamente libero da intenzioni, dall’Io, il Maestro lo chiama propriamente «spirituale»”.